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Modelli Organizzativi ai sensi del decreto 8 giugno 2001 nr. 231

Il Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 introduce e disciplina, nel nostro ordinamento, la responsabilità amministrativa degli enti dotati di personalità giuridica, conseguente a condotte integranti fattispecie di reato, commesse nell’interesse od a vantaggio della Società.

Trattasi di questioni, che di fatto, possono riguardare, anche se in termini diversi, la quasi totalità delle aziende italiane. Le gravi sanzioni del citato Decreto, infatti, operano sempre, con onere per l’azienda, allorquando soggetti Apicali (Amministratori, Direttore Generale, Direttore Finanziario, CFO, Datore di Lavoro, etc.) e/o loro Subordinati, abbiano tenuto condotte illecite, integranti fattispecie specifiche di reato presupposto e da tale condotta, la Società, anche inconsapevolmente, ne abbia tratto interesse o vantaggio.

Peraltro, proprio recentemente, l’attuale normativa, che ha introdotto nuove fattispecie di delitto presupposto, con riferimento ai reati fiscali, a quelli ambientali o rivolti alla tutela della sicurezza sul posto di lavoro, ha reso la questione ancora più cocente. In tali circostanze, alla Società potrà essere ascritta, in sede penale, una autonoma responsabilità amministrativa, dalle conseguenze assolutamente gravose, sia dal punto di vista economico, che per quello afferente la continuità gestionale della stessa.

Infatti, l’apparato sanzionatorio della citata norma prevede quattro differenti tipologie di sanzione, che gravano sull’azienda, di natura, sia pesantemente pecuniaria, che interdittiva. Si prevede in extrema ratio, la possibilità di arrivare alla confisca dell’azienda.

Tuttavia, lo stesso Decreto 231 prevede l’esclusione da responsabilità per quella Società che, prima della commissione del reato, abbia adottato ed efficacemente attuato, un Modello di Organizzazione (gestione e controllo), idoneo a prevenire i comportamenti delittuosi, ed abbia istituito un Organismo di Vigilanza, indipendente ed autonomo, che assicuri continuità d’azione delle procedure adottate, e vigilanza sul funzionamento del Modello, curandone costantemente il suo aggiornamento.

1. Premessa


Con riferimento al Decreto Legislativo 8 giugno 2001 nr. 231, relativo alla “Responsabilità amministrativa degli Enti”, questo studio può fornire una ampia attività di servizi, appositamente studiati con riferimento ai diversi momenti in cui l’azienda possa aver interesse ad affrontare la materia. A tal fine l’assistenza si può configurare nei diversi momenti:

  • divulgativo. Trattasi di attività consulenziale rivolta ad accrescere la sensibilità e la conoscenza della normativa presso il mondo dell’impresa, accrescendo la consapevolezza di rischi ed opportunità collegate alla materia;

  • organizzativo. Il team costituito presso lo studio, che si avvale di specificità tecniche di elevato valore professionale, predispone la mappatura delle aree di rischio 231 ed appronta tutti i documenti ed i protocolli necessari ad assicurare le best practises di organizzazione gestionale e di controllo, individuate nei diversi cicli operativi e finanziari, attraverso cui si svolge l’attività caratteristica dell’azienda;

  • esecutivo. Attraverso suoi componenti qualificati, lo studio costituisce l’Organismo di Vigilanza, che assolve in proprio o presiede, in aggiunta con altri elementi di gradimento del cliente;

  • legale. Lo studio è assolutamente predisposto alla tutela legale dell’azienda, nelle possibili condizioni di contestazione giudiziale, assicurando una difesa tecnica, ampiamente supportata da avvocati civilisti e penalisti, specializzati nella materia specifica 231.

Nelle fasi divulgative, presso clienti, studi professionali ed organismi sindacali di categoria, lo studio promuove una organica e completa trattazione della materia, anche attraverso seminari assistiti da materiale opportunamente studiato dallo studio.

Pertanto, appare interessante promuovere incontri dedicati alla materia, da tenersi presso la sede aziendale o del professionista che la propone ai suoi clienti, mirato alla divulgazione dell’argomento. Più specificatamente, lo scopo del seminario, anche attraverso una serie di slides, appositamente studiate dal team di esperti di questo studio, è quello di fornire una corretta conoscenza delle problematiche di immediato impatto sulle effettive realtà aziendali, generate dall’applicazione del decreto. Le modalità di svolgimento, che possono essere assicurate anche mediante workshop, si opera attraverso la dissertazione tecnica delle tematiche proposte dalla legge, illustrate, appunto, attraverso l’esposizione di apposito materiale didattico, e con momenti, immediatamente successivi, destinati a brevi feedback individuali con gli invitati. Gli argomenti esposti, sono concernenti a:

  • breve introduzione sulla disciplina del decreto, nel nostro ordinamento, afferente alla responsabilità amministrativa degli enti dotati di personalità giuridica a seguito di condotte integranti fattispecie di reato commesse nell’interesse ed a vantaggio della Società.
  • focalizzazione delle responsabilità dei soggetti Apicali (Amministratori, Direttore Generale, Direttore Finanziario, CFO, Datore di Lavoro, etc.) e dei Subordinati con riferimento alla responsabilità indotta per l’azienda;
  • tutele offerte dal Decreto avverso la responsabilità per l’azienda, derivante da reato commesso dalle figure apicali o subordinate, inerenti alla predisposizione del Modello di Organizzazione e dalla costituzione dell’Organismo di Vigilanza;
  • modalità di costituzione del modello e dell’Organismo di Vigilanza secondo le diverse tipologie delle aziende interessate.

In sintesi, l’attività consulenziale proposta dallo studio dell’Avvocato Renato Vico, mira ad assicurare per la sua clientela, approfondimenti sugli eventuali aspetti organizzativi e gestionali di un mirato sistema di organizzazione e controllo ai sensi del decreto 231.

Giacché, come già premesso l’impianto normativo, è nato dall’adesione del nostro legislatore ad una vision internazionale, del libero mercato, che lo veda sotteso alla prevenzione e repressione della c.d. “corporate criminality”, il nostro sistema normativo si, conseguentemente rivolto a stimolare la creazione di una struttura di corporate governance e di meccanismi di controllo che consentano alle imprese di mitigare il rischio di commissione degli illeciti previsti. Gli enti, infatti, possono essere esonerati dalla responsabilità prevista dal Decreto – evitando l’applicazione delle sanzioni – qualora dimostrino di aver adottato ed efficacemente attuato “modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire la commissione di reati della stessa specie di quello verificatosi”. Appare evidente l’importanza di diffondere la sensibilità imprenditoriale allo strumento de quo, il quale, al contrario di quanto potrebbe apparire, questo momento storico di “particolari” contingenze afferenti all’emergenza epidemiologica “covid-19”, appare potenzialmente di maggior necessità contingente per l’impresa.

2. Specificità della norma e rischi aziendali.


Sovente la sottovalutazione dei rischi a cui è esposta la società, sprovvista dei protocolli richiesti dal decreto, è alla base di possibili conseguenze, molto gravose, nelle ipotesi patologiche di riscontro di determinate condotte delittuose, che sebbene non volute dalla governance, possono comunque coinvolgere l’azienda nella responsabilità 231. Sensibilizzare gli stakeholders sulla questione delle possibili sanzioni erogate in questi frangenti è sicuramente un utile elemento per poter suggerire loro l’adozione dei modelli di gestione.

Infatti, l’ente, in virtù del già citato decreto, viene chiamato in responsabilità per il reato commesso da un soggetto appartenente alla sua struttura organizzativa, ma è condannato in via autonoma, da un sistema sanzionatorio molto grave ed oneroso per l’azienda che viene pregiudicata, a volte, anche nella sua esistenza futura, o nell’esercizio della propria attività caratteristica. Infatti, detto sistema, prevede sanzioni, che sebbene di natura amministrativa, sono molto affliggenti, come la sanzione pecuniaria, le sanzioni interdittive, la confisca e la pubblicazione della sentenza di condanna. Lo scopo delle sanzioni amministrative è quello di colpire direttamente o indirettamente il profitto dell’ente, disincentivando la commissione di reati nell’interesse o a vantaggio dell’ente, e di incidere sulla struttura e sull’organizzazione dell’impresa in modo da favorire attività risarcitorie, riparatorie. Ma, di fatto, l’effetto concreto che si realizza, può arrivare alla paralisi delle attività proprie dell’impresa. Il presupposto del sistema sanzionatorio accennato, si fonda sull’assunto per cui la responsabilità della società, sebbene scaturente dalla responsabilità penale del singolo, per sua natura individuale e personale, assume caratteri propri ed autonomi, rispetto alla natura ed al contenuto del procedimento inerente al fatto presupposto che l’ha cagionata.

Sotto il profilo della natura delle sanzioni applicate all’ente, si riscontrano le seguenti categorie:

  • Sanzione pecuniaria

L’art. 10 D.Lgs. 231/2001 stabilisce che per l’illecito amministrativo dipendente da reato si applica sempre la sanzione pecuniaria la cui determinazione avviene secondo il meccanismo delle quote.

In primis, il giudice fissa l’ammontare del numero delle quote che non deve essere mai inferiore a cento né superiore a mille; ciò avviene grazie alla valutazione della gravità del fatto, del grado di responsabilità dell’ente (adozione di modelli organizzativi, codici etici, sistemi disciplinari), di condotte riparatorie e riorganizzative (sanzioni disciplinari) dopo la commissione del reato.

Successivamente, l’organo giurisdizionale determina il valore monetario della singola quota, che va da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.549 euro, sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali della persona giuridica.

Il computo finale è la risultante della moltiplicazione tra l’importo della singola quota e il numero complessivo di quote che quantificano l’illecito amministrativo; la sanzione pecuniaria potrà quindi avere un ammontare che va da un minimo di 25.800 euro ad un massimo di 1.549.000 euro, in modo da adeguarsi alle condizioni dell’ente.

  • Sanzioni interdittive

L’interdizione è quell’istituto giuridico che comporta una limitazione temporanea dell’esercizio di una facoltà o di un diritto, in tutto o in parte; esso è la base delle sanzioni interdittive elaborate dal legislatore per contrastare più efficacemente le condotte illecite all’interno dell’ente grazie al loro contenuto inibitorio.

Le sanzioni interdittive hanno una durata limitata (non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni) e possono essere applicate in via definitiva solo secondo quanto stabilito dall’art. 16.

Ai sensi dell’art. 9 c.2 le sanzioni interdittive, sono:

  • l’interdizione dall’esercizio dell’attività, comporta la chiusura dell’intera azienda o di un suo ramo; essa è un’autonoma sanzione ma può anche essere l’effetto dell’applicazione della seconda sanzione interdittiva:
  • la sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze, concessioni funzionali all’esercizio dell’attività;
  • il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, comporta il blocco delle entrate dell’ente, con l’esclusione dei contratti necessari per ottenere le prestazioni di un servizio pubblico necessario al normale svolgimento dell’impresa;
  • l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi e la revoca di quelli già ottenuti o il divieto di pubblicizzare beni o servizi, comportano quasi una totale assenza di occasioni di profitto per l’ente.

I criteri di scelta delle sanzioni interdittive sono disciplinati dall’art. 14 D.lgs. 231/2001 e coincidono con i principi di proporzionalità, idoneità e gradualità.

  • Pubblicazione della sentenza di condanna L’art. 18 D.lgs. 231/2001 stabilisce che la pubblicazione della sentenza di condanna può essere disposta quando nei confronti dell’ente viene applicata una sanzione interdittiva; tale sanzione amministrativa ha un carattere accessorio in quanto la sua applicazione può avvenire solo contestualmente ad una sanzione amministrativa ed è discrezionale, in quanto è il giudice a stabilire quando applicarla.
  • Confisca L’art. 19 D.lgs. 231/2001 stabilisce nei confronti dell’ente è sempre disposta, con sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato. Quando non è possibile eseguire la confisca secondo le condizioni citate, essa può avere ad oggetto denaro, beni di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato. La confisca è una sanzione amministrativa che si distingue dalle altre in quanto non ha limiti di valore.

Pertanto, predisporre i modelli 231, consiste, preliminarmente, nell’individuare arre di pericolo di commissione dei “reati presupposto”. Pertanto, l’analisi del rischio di reato è un’attività che ha in primo luogo l’obiettivo di individuare e contestualizzare il rischio di reato in relazione all’assetto organizzativo e all’attività dell’ente. E di fatto, l’“analisi dei rischi” è naturalmente la parte centrale di tutto il sistema di gestione per la responsabilità amministrativa. Essa consiste, nella metodica ed esaustiva valutazione dei seguenti fattori:

  1. “probabilità della minaccia”, afferente alla frequenza di accadimento di una determinata un’azione, o attività, o processo, d cui è potenzialmente scaturibile o un evento nocivo, condotta delittuosa di “reato presupposto”;
  2. “livello d’impatto”, conseguente al danno da sanzione 231, il possibile danno, derivante dalla realizzazione di un fatto reato, così come determinato dal legislatore e raffigurabile in astratto;
  3. “livello di vulnerabilità”, afferente al livello di debolezza aziendale di natura etica od organizzativa conseguente alla mancanza di misure preventive e che, pertanto, rendono possibile l’accadimento di una minaccia e la conseguente realizzazione del reato;
  4. “rischio di reato”: è la probabilità concreta che l’ente subisca un danno determinato dalla commissione di un reato attraverso le modalità attuative che sfruttano le vulnerabilità rappresentate dalla mancanza delle misure preventive o dal clima etico e organizzativo negativo.

All’esito della mappatura dei rischi, si procede alla loro valutazione in una scala di gravità che pretende precisi protocolli generali di attenzione, per cui si procede alla configurazione del Modello di gestione e controllo.

Considerata l’attività di implementazione del modello 231, quale attività di audit interno, volta alla mappatura dei rischi specifici propri di condotte delittuose commesse in vantaggio o nell’interesse dell’ente, appare evidente per alcune tipologie aziendali, l’impossibilità di omettere l’adozione di un modello di 231:

  • ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative, al fine di accedere alle procedure consentita dal Decreto legislativo 12.01.2019;
  • nei casi di partecipazione a procedure ad evidenza pubblica verso Enti nazionali o comunitari, in conformità̀ al D.lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) emanato in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE;
  • con riferimento alla necessità di non esporre l’azienda ad ulteriori danni economici, nell’ipotesi di contestazioni tributarie alla luce dell’inasprimento delle sanzioni penali tributarie di cui alla legge 74 del 2000, apportato dall’articolo 39 del decreto legge 149/2019, c.d. “Decreto Fiscale 2020”.

Inoltre, il percorso metodologico suggerito con riferimento al processo di adozione del Modello di cui al D.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, oggi obbligatorio ai sensi dell’art. 30 del D.lgs. 9 aprile 2008 n. 81 – in materia di salute e sicurezza dei luoghi di lavoro – consente di giungere all’implementazione di un efficace sistema di controllo preventivo, efficace ed idoneo a prevenire non solo l’integrazione di condotte illecite, che possano esporre a sanzioni amministrative l’ente, ma anche a prevenire i disagi organizzativi e di un’eccessiva burocratizzazione dei processi interni all’azienda, rendendo la cultura del controllo preventivo un vero “valore”.

Pertanto, i soggetti interessati alla normativa 231, sono le società che esercitano attività commerciali ed industriali, in termini organizzativi talmente strutturati da esulare dalla gestione elementare d’impresa che potrebbe essere esercitata dal piccolo imprenditore individuale. Pertanto, le dimensioni dell’azienda, il volume d’affari. L’organizzazione interna, le sfere di autonomia finanziaria interna, le attività d’impresa particolarmente esposte a rischi verso terzi o l’ambiente, ed altre precipue realtà che rendono oneroso il controllo gestionale, sono sicuramente candidati perfetti alla considerazione di impianto del modello e di controllo da parte di apposito organismo.

In realtà, sono richiamati in una pletora assai più ampia di quella ricomprendente coloro che si potrebbe desumere in senso strettamente letterario dalla norma. Infatti, una sempre più incisiva giurisprudenza, ha evidenziato che anche gli enti la cui attività non sia ancora espressamente vincolata alla conformazione alla norma, possano oggi trovare sufficienti motivazioni di interesse all’adozione del sistema di controllo 231, nelle pronunce della giurisprudenza di merito, la quale, ha già avuto modo di esprimersi ritenendo la sussistenza di uno specifico dovere in capo all’amministratore alla attivazione di quanto disposto dal D.lgs. 231/2001. Addirittura, il Tribunale di Milano, con la sentenza del 13 febbraio 2008, n. 1774, ha ravvisato la sussistenza di una responsabilità per “inadeguata attività amministrativa” legittimante un’azione di responsabilità ex art. 2392 c.c. ed ha, per l’effetto, riconosciuto l’insorgenza dell’obbligazione risarcitoria in capo al medesimo. In ogni caso, le società che possiedano una complessa articolazione organizzativa interna, che svolgano particolari attività tipiche esposte a rischio reato (attività sanitarie, attività eco -ambientali, industriali complesse e pericolose), sono sicuramente ricomprese tra gli enti che maggiormente hanno un’implicita necessità di tutelarsi con modelli 231.

Nell’esercizio dell’attività tipica d’impresa, maggiore è il rischio di commissione di possibili reati (c.c.d.d. “reati presupposto”), anche colposi per alcune previsioni, e più ampia è l’area di rischio che occorre mappare per predisporre un utile strumento di gestione e controllo.

Peraltro, giova ricordare, quale maggior elemento incentivante alla giusta considerazione del modello da parte della governance, che il “Nuovo Codice della Crisi d’Impresa (introdotto con D.lgs. n° 14/2019) con l’art. 378 ha inserito un sesto comma all’art. 2476 c.c. (“responsabilità degli amministratori e controllo dei soci”), il quale prevede espressamente che gli amministratori di una s.r.l. sono responsabili verso i creditori sociali allorquando non abbiano osservato gli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale.

Peraltro, sebbene il secondo periodo dell’aggiunto sesto comma pone, quale presupposto per l’esercizio dell’azione di responsabilità in discorso, che il patrimonio sociale risulti insufficiente al soddisfacimento dei crediti sociali, è inoltre previsto che, qualora la società rinunci all’azione di responsabilità contro l’amministratore, ciò non impedisce che la stessa possa essere intrapresa da parte dei creditori sociali. Pertanto, l’articolo citato non può che essere letto in combinato disposto con altre norme del medesimo Nuovo Codice e, in particolare, con gli art. 375 e 377. Il primo sostituisce la rubrica dell’art. 2086 c.c. denominandola “Gestione dell’impresa” e aggiunge un secondo comma all’art. 2086 c.c. che prevede espressamente: “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”. Conseguentemente, siccome la gestione societaria spetta agli amministratori, è dovere dei medesimi istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società che sia idoneo a consentire il tempestivo rilevamento di una situazione di crisi dell’impresa e di perdita della continuità aziendale e – qualora l’azienda sia già in uno stato di crisi – i medesimi amministratori debbono anche attivarsi ricorrendo agli strumenti previsti dall’ordinamento per il recupero della continuità aziendale.

A conferma dell’intendimento del legislatore di adeguare il nostro mercato alle linee di condotta internazionali, la politica di molte Pubbliche Amministrazioni ed Enti Locali è rivolta a richiedere l’adozione di “modelli 231”, quale condicio sine qua non per coloro che intendono convenzionarsi o addivenire alla contrattazione con le stesse. Vi è dunque una evidente tendenza delle Istituzioni a rendere l’adozione del modello 231, di fatto, un requisito indispensabile per l’accesso delle aziende al mercato. Tale tendenza è ulteriormente rafforzata, dall’applicazione della normativa anticorruzione (L. 190/2012). Tutta la disciplina «anticorruzione», così come il conseguente intervento regolamentare e sanzionatorio dell’ANAC, si inseriscono nella prospettiva della «prevenzione mediante organizzazione» ed ovviamente l’adozione dei protocolli 231, soddisfa questa esigenza.

Come illustrato, trattasi di sanzioni che rappresentano comunque, una onerosa afflizione finanziaria per l’ente, peraltro aggravata dalle sanzioni non pecuniarie, che rappresentano un maggior pericolo per la continuità od il sereno esercizio dell’attività caratteristica d’impresa.  Quindi, per quanto sopra espresso, vale la pena per la governance di valutare con oculatezza, in relazione alle attività tipiche, all’organizzazione aziendale, ai rapporti con terzi e stakeholders, ed in ordine ai protocolli di autonomia finanziaria interna, la necessità di dotarsi di un idoneo modello e di un Organismo di Vigilanza, capaci di prevenire possibili esposizioni da reato e conseguenti pretese giudiziarie in sede di contestazione di addebito.

3. Servizi offerti dallo studio nella predisposizione del Modello 231.


L’accertamento delle condotte di illecito previsti dal D.Lgs. 231/2001 espone l’ente all’applicazione di gravi sanzioni, che ne colpiscono il patrimonio, l’immagine e la stessa attività. Tuttavia, adottare ed attuare efficacemente modelli di organizzazione, gestione e controllo, attenti alla pratica aziendale propria dell’azienda, considerate in astratto idonee a rispondere alle esigenze delineate dal D.Lgs. n. 231/2001, ha valore di esimente per l’Ente, anche a fronte di reati commessi dai singoli. Sebbene il giudizio in merito alla concreta implementazione ed efficace attuazione del modello nella quotidiana attività dell’impresa è rimesso alla valutazione del giudice, cui spetta il giudizio in ordine alla conformità e l’adeguatezza del modello rispetto allo scopo di prevenzione dei reati da esso perseguito, questo studio legale, impianta protocolli, già modulati a rispondere in anticipo, all’esigenza della efficace tenuta a fronte della valutazione giudiziale del modello. In questa prospettiva, si profila sempre più di maggior importanza, affinché al modello sia riconosciuta efficacia esimente, che lo stesso risulti aderente alle caratteristiche dell’impresa e alla sua organizzazione, evolvendo e cambiando di pari passo con essa. Il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del modello, oltre che di curarne l’aggiornamento, deve essere affidato ad un “organismo di vigilanza”, dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo. Ma, la giurisprudenza ha evidenziato che “il modello deve rappresentare l’esito di una efficace analisi di rischio e di una corretta individuazione delle vulnerabilità oggettive dell’ente in rapporto alla sua organizzazione ed alla sua attività”. Pertanto, l’attività consulenziale è rivolta ad evitare che l’adozione delle regole del modello e di quelle di condotta non si risolva in una mera clausola di stile, ma rifletta un’attenzione costante dell’ente verso la verifica dei comportamenti dei suoi componenti” [Circolare della Guardia di Finanza n. 83607/2012].

I componenti essenziali del modello 231 risultano da una combinazione di elementi, volti alla descrizione introduttiva della struttura organizzativa della società e delle sue principali attività svolte attraverso unaserie di attività preliminari, svolte dal team dello studio, che constano in:

  • mappatura oggettiva” preventiva, di “identificazione dei rischi”, che consta di un’analisi descrittiva delle aree funzionali interneesposte, per ciò che in esse avviene in concreto, al rischio di commissione, da parte degli appartenenti alla persona giuridica, di uno o più dei reati responsabilizzanti, con annessa la specificazione preventiva delle potenziali modalità di commissione dei reati stessi;

  • mappatura normativa”, attraverso la definizione del sistema implicito di prevenzione/ contenimento dei rischi e delle conseguenti modalità operative interne (i protocolli di contromisure esplicite) istituite, più o meno appositamente in rapporto al decreto per l’efficace prevenzione della suddetta commissione potenziale di reati.

  • approntamento, ai sensi dell’art. 6, comma 2, lettera d), di un adeguato sistema disciplinare– sanzionatorio interno per le violazioni dei precetti contenuti nel modello, volto a punire la mancata osservanza dei protocolli ivi previsti nonché delle norme del codice (etico) interno, che esprime i principi di “deontologia aziendale” che l’ente riconosce come suoi propri ed ai quali deve essere informato il comportamento di tutti i suoi appartenenti.

In linea di massima, le fasi dell’esecuzione dell’incarico sono strettamente connesse alla struttura organizzativa dell’azienda, dalla presenza di sedi secondarie, filiali, agenzie, magazzini ed altre unità operative, presso cui si svolge l’attività caratteristica dell’impresa. Influenza molto anche il numero dei dipendenti e la loro organizzazione interna. Un’azienda tipo, con 1 sede principale, con tre unità distaccate, che impiega 100-300 dipendenti, richiede un impegno operativo di circa 60/80 giornate lavorative.

Lo svolgimento dell’attività consulenziale, svolta in parte in sede aziendale ed in parte in studio, consta dei seguenti momenti esecutivi:

  1. Step di “ formazione “degli amministratori, dei dirigenti e dei quadri apicali.

Il momento formativo è rivolto a promuovere la conoscenza della normativa e dei suoi aspetti applicativi alle diverse procedure aziendali, secondo i riflessi giuridici ad essi conseguenti. Aperto alle figure apicali, quali amministratori, dirigenti e quadri con autonomia finanziaria e gestionale, si svolge attraverso due distinti momenti:

1° momento: inquadramento normativo generale per apicali e dirigenti (3 ore per gruppo), con osservazioni specifiche alle dinamiche ed alle responsabilità delle suddette figure, nell’esercizio delle proprie funzioni di gestione e controllo;

2° momento: illustrazione delle linee guida di modello 231 di organizzazione, gestione e controllo ai fini della prevenzione di responsabilità personali in ambito societario, con particolare riguardo alla natura commerciale ed alla struttura operativa e societaria dell’ente che richiede il servizio (organizzazione e svolgimento dello step condizionato dal numero di unità personali e dalla loro organizzazione interna aziendale).

  1. Step dell’attività di “ implementazione “ del Modello di organizzazione, gestione e controllo.

Attraverso il supporto consulenziale, operato con la presenza dei professionisti presso le sedi della società, si opera:

  1. all’analisi delle compliance individuabili per tipologia dei processi industriali e per singole aree di rischio;
  2. all’esame delle aree di rischio 231 ed elaborazione di conseguenti relazione d’analisi volte alla evidenziazione delle criticità riscontrate e delle relative proposte di soluzione;
  3. alla produzione di protocolli interni di gestione.
  4. step di “ elaborazione documentale “ prevista dal D.Lgs. 231/’01

La suddetta attività, prevalentemente espressa presso lo studio legale, all’esito dei dati e delle informazioni raccolti nelle fasi precedenti, porta alla redazione dei documenti da sottoporre per l’approvazione al C.d.A. ed inerenti ai requisiti formali e sostanziali previsti dalla legge per la corretta produzione di un modello 231.

Si procede, pertanto, alla:

  1. elaborazione del Codice Etico
  2. elaborazione del Regolamento interno aziendale (ove non già esistente);
  3. predisposizione della Parte Generale del Modello di Organizzazione, gestione e controllo 231
  4. predisposizione della Parte Speciale del Modello di Organizzazione, gestione e controllo 231, con allegate procedure e prescrizioni, distinte per aree di rischio dei diversi cicli produttivi dell’azienda.
  5. (eventuale) approntamento del Regolamento Disciplinare Aziendale.
  6. Step di “comunicazione interna” al personale.

All’esito dell’approvazione da parte del C.d.A. dei documenti costituenti il modello organizzativo, per aree e secondo i termini organizzativi suggeriti dall’azienda, si procede alla comunicazione delle risultanze a tutto il personale dipendente, ed alle informazioni alle rappresentanze sindacali, anche attraverso formazione a distanza. Per ciascun gruppo si ritiene sufficiente un corso di massimo 2 ore.

  • Impianto e funzionamento di un Organismo di Vigilanza ai sensi del D.lgs. 231/2001.

Lo studio procederà successivamente ad implementare le procedure di avvio dell’Organismo autonomo di vigilanza, predisponendo la bozza di un regolamento interno di funzionamento.

Costi e tempistiche di impianto. Trattandosi, come già detto, di un abito sartoriale, imbastito sulle caratteristiche tipiche delle aziende a cui è rivolto, il processo di implementazione del modello 231 subisce costi e termini per la sua esecuzione, assai differenti per tipologie e dimensioni del richiedente.

Nella previsione riassuntiva di sintesi, volta alla stima dei costi di impianto, pertanto, si può ragionevole ritenere corretto un costo di impianto che parta da un prezzo minimo di 25.000 euro di una piccola srl, di erogazione servizi nel terziario, con una organizzazione aziendale articolata su poche unità e piccolo volume d’affari, agli 80/90 mila euro richiesti per una classica PMI commerciale, articolata su più sedi e con rappresentanze commerciali esterne (filiali, concessionari etc.), con più di 100.

Una struttura complessa (es: grandi s.p.a. quotate, holding di controllo, parent di controllo transnazionali) oltre 10 milioni di volume d’affari, con molteplici unità dotate di autonomia finanziaria, o particolarmente complesse dal punto di vista dell’oggetto sociale e dell’attività caratteristica d’impresa, e con oltre 1000 dipendenti, possono dover sostenere costi anche vicino ai 200 mila euro.

Analogamente, un lavoro serio di analisi dei rischi, di implementazione di protocolli 231e di iscrizione delle compliance necessarie alla documentazione prevista, non può ipotizzarsi esperibile in un tempo inferiore ai 60 giorni lavorativi, con termini dilatati oltre i 4 mesi per grandi aziende complesse.

Per ciò che concerne l’Organismo di vigilanza, lo studio, a richiesta, procede alla costituzione ed al funzionamento dello stesso. Si parte dal Modello e si iscrivono i rapporti di “comunicazione interna” tra l’azienda, gli stakeholders e l’organismo stesso. predispone il suo Regolamento di funzionamento, si fornisce il servizio di domiciliazione presso lo studio. Parte del personale che ha costituito il team, può entrare successivamente a far parte dell’Organismo. L’avvocato renato Vico, può anche presiederlo. I costi in genere, sono più o meno di egual importo a quelli che vengono sostenuti per un collegio sindacale.

Competenze dello studio

Step di formazione per gli amministratori, i dirigenti ed i quadri apicali sulle tematiche della normativa

Implementazione del Modello di Organizzazione gestione e Controllo in attuazione dell’art. 6 , comma 1, lettera a) del D.Lgs. 231/2001

Impianto e funzionamento dell’Organismo di Vigilanza ai sensi dell’art. 6 , comma 1, lettera b) del D.Lgs. 231/2001

Esecuzione della figura di commissario giudiziale ex. art. 15 D.Lgs. 231/2001

  • Step di formazione per gli amministratori, i dirigenti ed i quadri apicali sulle tematiche della normativa

  • Implementazione del Modello di Organizzazione gestione e Controllo in attuazione dell’art. 6 , comma 1, lettera a) del D.Lgs. 231/2001

  • Impianto e funzionamento dell’Organismo di Vigilanza ai sensi dell’art. 6 , comma 1, lettera b) del D.Lgs. 231/2001

  • Esecuzione della figura di commissario giudiziale ex. art. 15 D.Lgs. 231/2001